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poesie 1976-2000

 
  postfazione di Francesco Muzzioli  
  Fabio D'Ambrosio Editore  

 

Milano, 2004  
  pag.208 - € 15

in vendita richiedendolo a illuminazioniweb@infinito.it


                                                             

vincitore del Premio di Poesia LORENZO MONTANO - XIX edizione 2004-2005

 

 

                           



 

 

 

 

 

 

 

 

Recensione su Hortus Musicus luglio-settembre 2005

Mario Lunetta: UNA MAPPA DI CONSAPEVOLE IDIOZIA

 

 

L'ORACOLO

Domenica, 12 febbraio 2012

Nota di Flavio Ermini                                http://www.anteremedizioni.it/premio/noteXIX_opera-edita.htm

La poesia di Franco Falasca va seguita con la libertà a cui il suo gesto di poeta invita. Si spezza un filo, ma poi viene ricongiunto da un’altra parte. Come la nostra vita, che continua a restituirci al ciglio della finitudine, adeguata al nostro respiro di esseri in transito, bendati dall’incertezza.
    Il luogo a cui Franco Falasca fa cenno copre quell’orizzonte silenzioso che sta al di qua e al di là della parola razionale. È l’orizzonte che si sottrae sia alle dinamiche istituzionali della letteratura, sia alla logica del discorso.
    Su questo orizzonte, tra razionalità e follia, Falasca ci mostra cosa accade quando su quel confine la parola si assume il compito di tenere insieme i poli di una tensione irriducibile.
    Su questo orizzonte il paesaggio è contrassegnato da frammenti di memoria. Il soggetto sfuma in forme di soggettività plurima ed è direttamente a confronto con movimenti sottratti alla chiarezza rassicurante della coscienza.
    Qui può farsi visibile l’oltranza, il luogo di caduta e di strapiombamento; qui l’opera si mostra nella forma che precede il senso o addirittura nella forma del congedo da un senso.
    Tale esperienza comporta il passaggio più pericoloso: attraversare l’estremo ammutolire, il vuoto in cui la lingua ancora non ha parola o non l’ha più.
    Per questo motivo si può dire che la pratica di scrittura di Falasca appartiene a quella particolare concezione del mondo secondo la quale non ci attende che la libertà di testimoniare la nostra appartenenza al niente, fino al punto di riconoscerlo come nostro essere. Non a caso nella postfazione Francesco Muzzioli certifica: “La lotta contro la codifica del linguaggio costituito […] ha sullo sfondo l’ipotesi radicale dell’annullamento e della cancellazione del senso”.
    Il tempo in cui s’inscrive il gesto di Falasca è il presente della creazione; la sua direzione va dal caos all’interminabile congedo dal senso. In questa direzione c’è la parola che pretende di aver assistito alle origini: all’iniziativa inaugurale che stringe insieme i tratti più disparati degli eventi. E dà vita alla scena primaria: alimentata non dalla percezione dell’immenso ma dall’esperienza del limite.

È così che Falasca ci espone al principio della necessità che ci ha fatto pensare. Per effetto di un gesto interiore, testimonia che il problema dell’origine per la parola è una questione capitale: concerne la provenienza della sua essenza.

24.09.2005 Verona - Cerimonia di premiazione del Premio Lorenzo Montano 2005 - Francesco Bellomi esegue al pianoforte l'opera da lui composta ed ispirata alle poesie di Franco Falasca. Quadri di danza di Michela Oldin.

 

 

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Quando un musicista scrive musica a partire da testi poetici c’è un criterio che deve assolutamente tenere presente: che non esiste nessun criterio prestabilito da seguire. Di solito funziona così, si legge il testo, e ci si mette in ascolto. Quasi sempre i suoni arrivano da soli. A volte arrivano subito, a volte cominciano a coagulare dopo un po’ di tempo.

Se proprio si lavora di fretta, come capita sempre a me, mentre leggo, lavoro di matita e sulle pagine metto degli strani segni il cui significato non mi è del tutto chiaro: cerchio certe parole, metto delle frecce, traccio delle linee che collegano alcune parole ad altre, sottolineo delle righe, metto tra parentesi delle parole o frammenti di parole, ecc.

Alla fine non saprei dire qual è la logica, ma sono sicuro che ce n’è qualcuna. Poi prendo il quaderno di musica e comincio a scrivere. Non guardo più le poesie, comincio dalla prima nota e vado avanti, senza ripensamenti, direttamente in bella, come hanno fatto sempre i musicisti prima dell’invenzione della gomma.

Non ho un piano di lavoro, faccio seguire a ogni nota quella che mi viene in mente per prima e vado avanti così fino a quando non mi viene più in mente niente. Allora il pezzo è finito. In realtà i pezzi sono già scritti dentro di me e non devo far altro che trovare la prima nota per riuscire a tirare fuori, suono dopo suono, il resto.

Se lavoro così tutto funziona e solo alla fine mi rendo conto che non sono passati dieci minuti ma ore. Se invece lavoro di tecnica, di mestiere, il risultato sembra lo stesso, ma il tempo non passa mai, la musica suona male e, alla fine, butto via tutto.

Francesco Bellomi

A partire da questa 19ª edizione del Premio Lorenzo Montano è stato istituito un riconoscimento riservato agli allievi dei quattro licei che collaborano, facendo parte della giuria per l’Opera edita. A questi ragazzi, è stato chiesto di produrre “tesi”, individuali o di gruppo, sui libri letti; dalla tesi 1ª classificata "Dialogo sulla poesia tra realtà e sogno" di Silvia Dellino e Alessandra Frison, coordinate dal prof. Bragaja del Liceo Classico “Maffei” di Verona citiamo:

Alessandra: "...un libro che condensa in sé la presenza della realtà come contraddizione continua e interiorizzata, e l’aggirarsi in uno spazio mentale onirico e surreale, è Nature improprie di F.Falasca. Qui c’è anzi, pare, l’intenzione di superare l’idea stessa di realtà e di soggettività grazie ad un progetto di scrittura che fa del caso la propria regola ma sotto il caso nasconde una o più linee di significati. Purtroppo il tentativo di raggiungerle e di capire, attraverso paradossi e incongruenze viene continuamente frustrato."

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photo Franco Falasca